Catalogo digitale della cartografia storica toscana

Imago Tusciae è un progetto di archivio digitale on line della cartografia storica della Toscana (Italia) realizzato, a partire dall’inizio del nuovo millennio, dal gruppo di lavoro del Laboratorio di Geografia del Dipartimento di Scienze Storiche e dei Beni Culturali (DSSBC) dell’Università degli Studi di Siena, in collaborazione con la Regione Toscana, la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana, l’Archivio Nazionale di Praga, i direttori e i responsabili della cartografia degli istituti di conservazione (archivi di stato e biblioteche) interessati.
Gli archivi

Le cartografie originali riprodotte in Imago Tusciae sono conservate negli Archivi di Stato presenti in ogni capoluogo provinciale della Toscana, ma anche nell’Archivio Nazionale di Praga e in due biblioteche toscane: la Biblioteca Rilliana di Poppi in Casentino (Arezzo) e la Biblioteca Riccardiana di Firenze. In queste conservatorie la documentazione è organizzata in fondi che, generalmente, corrispondono alle magistrature e agli uffici statali storici ma anche a singoli enti, istituzioni esterne, famiglie, personalità, ecc.
In particolare, l’ente praghese custodisce il ricco ed omogeneo archivio degli Asburgo Lorena di Toscana, che governarono il Granducato dal 1737 al 1859. Le mappe e gli altri documenti di questo archivio sono riferibili soprattutto all’azione di governo dei granduchi Pietro Leopoldo, Ferdinando III e Leopoldo II.
Qui sotto la lista completa degli archivi e delle biblioteche dove sono conservate le mappe
Le mappe

Le cartografie di Imago Tusciae costituiscono un campione rappresentativo del composito ‘universo’ di restituzione grafica della geografia della Toscana. Sono prodotte a partire dal XV secolo, con la riscoperta (in Italia e in Europa) della cartografia antica del geografo greco-romano Claudio Tolomeo (II sec. d.C.).
È soprattutto con la nascita degli Stati moderni che governanti, principi, amministrazioni pubbliche, enti religiosi e assistenziali, ordini cavallereschi e grandi famiglie dell’aristocrazia e della borghesia cittadina cominciarono a utilizzare le mappe per conoscere, studiare e soprattutto gestire il territorio sul piano economico, politico-civile e militare, a partire dai grandi lavori pubblici. I cartografi erano operatori specializzati di formazione tecnica, ingegneristica, architettonica e/o artistica, pubblici e privati agrimensori, ma anche pittori.
Porta S. Leopoldo [a Livorno]. Elevazione verso la città. Elevazione al di fuori della città
Veduta della Porta San Leopoldo dall’esterno, che si configura come una possente arcata posta su…
Cutigliano. M. VII A
La figura presenta la simbologia consueta dei catasti geometrici settecenteschi: le strade sono rappresentate con…
Pianta, e Prospetto della Casa, e Capanna del Podere di Fontesecca
Nella tavola sono raffigurati i prospetti e le piante della casa da lavoratore del podere…
Foglio V
La mappa rappresenta una porzione del territorio della Comunità di Capannori, sezione di Badia di…
Pianta dello Spedale dei Turchi e sue adiacenze posto nel vecchio Bagno delle Galere in Livorno di S.A.R
Con 4 richiami numerici si localizzano i vari ambienti.
Castellare
Questo disegno, insieme ad altri tre (nn° 163, 165 e 166), tutti non datati, vennero…
Pianta Settima. Popolo e Quartiere di S. Pellegrino al Cassero
La figura presenta la simbologia consueta dei catasti geometrici settecenteschi: le strade sono rappresentate con…
Le raccolte

A partire dalla riscoperta, a Firenze, all’inizio del XV secolo, del celeberrimo atlante di carte geografiche di Claudio Tolomeo (II sec. a.C.), contenente un mappamondo e una trentina di carte regionali a scala più grande, prese avvio la produzione di raccolte di mappe. Si tratta di gruppi di cartografie coeve, organicamente progettate, in genere da un solo autore, relative all’intero Pianeta (come i cinquecenteschi atlanti dei fiamminghi Abramo Ortelio e Gerardo Mercatore) oppure a un singolo Stato e spesso furono diffuse in innumerevoli copie grazie alla stampa.
Il modello sistematico della raccolta di mappe relative a un tema specifico si diffuse largamente nei secoli successivi in Italia e in Europa per raffigurare i beni patrimoniali dello Stato, di famiglie, enti privati laici e religiosi. Era utilizzato soprattutto per cartografare le proprietà agricole organizzate in aziende come fattorie, tenute e grance. Le raccolte sono quindi insiemi di mappe riunite, quasi sempre manoscritte, rilegate in atlante (i cosiddetti cabrei) o tenute sciolte in un contenitore.
Le raccolte possono raffigurare anche grandi progetti relativi a corsi d’acqua, bonifiche delle paludi, strade, fortificazioni, dogane, ecc.
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Estimario di S. Quirico d’Orcia
Si tratta di un atlante con copertina rigida rilegato in cuoio, di grande formato (100×80 circa) composto da 31 fogli, con 29 mappe catastali e due pagine bianche. Ogni mappa (definita “Matrice”) riporta, oltre al disegno dei beni, l’indicazione del Popolo, il numero progressivo (in caratteri romani) popolo per popolo, e l’orientamento, con il nord in alto, indicato da una freccia. Non sono riportati né gli autori, né la datazione, né la scala che però è molto grande (intorno a 1:1500). La raccolta consiste nelle “Matrici” del Popolo di S. Quirico e S. Giuditta (I-XXI), di S. Biagio in Vignoni (I-VII) e di S. Simeone di Rocca d’Orcia (I). La raffigurazione è geometrica e sono tracciati, a lapis, i segni delle triangolazioni. Il disegno delle mappe è molto accurato e riporta, oltre ai terreni, le planimetrie degli edifici (in rosso chiaro), le strade (con classiche linee marrone chiaro) e i corsi d’acqua (con strisce azzurre, ad eccezione dell’Orcia che è reso in scala molto più grande e disegnato con particolare cura). La parte descrittiva si trova in alcuni volumi a parte, conservati sempre all’Archivio di Stato di Siena.
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Cabreo delle possessioni componenti la Grancia delle Serre fatto dall’Ingegniere Giuseppe Maria Zaccheri il 5 aprile 1751 […]
Il cabreo fu realizzato nel 1751 dall’ingegnere Giuseppe Maria Zaccheri (autore nel 1749 del cabreo della Grancia di Prata), su commissione dell’Ospedale di Santa Maria della Scala di Siena. Si tratta di un registro cartaceo manoscritto legato in asse (legno) e pelle, di 28×45 cm circa, composto da 79 fogli numerati di cui 56 figure (disegni a penna su carta, acquerellati), che raffigura e descrive gli immobili (con pianta e prospetto), i poderi e i terreni di pertinenza della Grancia (fattoria) delle Serre di Rapolano, nel territorio delle Crete senesi, di proprietà di quell’ente religioso. Di ciascun appezzamento si riporta una dettagliata descrizione dei proprietari confinanti e delle diverse tipologie colturali. Alcune mappe portano la firma degli ingegneri Alessandro Nini e Bernardino Fantastici che nel 1784 effettuarono una ricognizione generale dei terreni della grancia allo scopo di verificare l’attendibilità delle mappe. Un inserto allegato contiene due mappe eseguite posteriormente (1770-1780 circa) e firmate da Luigi Rossi ed una mappa sciolta firmata dal pubblico agrimensore senese Francesco Pasquale Gabbrielli. Il manoscritto originale risulta pesantemente danneggiato dall’umidità ed è escluso dalla consultazione. Nel titolo si dice che i possessi sono presentati così “come rilevati da una relazione di suo carattere nel libro liti e sentenze dal 1746 al 1761, tomo 11 numero 41.
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Cabreo dei beni spettanti a Sua Eccellenza il Sig.r marchese Giov. Cambiaso di Domenico nel suo marchesato di Monte Massi e Rocca Tederighi fatto da me Florenzio Razzi ing. l’anno MDCCLXX
In seguito al processo di rifeudalizzazione che caratterizza il sistema politico-istituzionale e amministrativo del Granducato di Toscana dal XVI al XVIII secolo, vengono a ricostituirsi anche i feudi di Roccatederighi e Montemassi. Dopo l’annessione della Repubblica di Siena al Principato, i due castelli passano sotto il dominio del governo mediceo e successivamente, con i diplomi del 29 ottobre 1616 e del 19 settembre 1632, prima quello di Roccatederighi poi quello di Montemassi, vengono concessi in feudo dai granduchi Cosimo II e Ferdinando II con il titolo di marchesato a Giovan Cristofano Malaspina (dei marchesi Malaspina di Mulazzo). La famiglia Malaspina rimane al governo fino al 1770, anno in cui Cesare pronipote di Giovan Cristofano, forse per ragioni economiche, decide di vendere i diritti sui feudi a Giovanni Cambiaso di Domenico, esponente di una delle casate nobiliari più importanti di Genova. Immediatamente dopo l’acquisto, il marchese Cambiaso incarica l’ingegnere senese Florenzio Razzi di realizzare un cabrèo che racchiuda precise relazioni e piante dei terreni di sua proprietà, dopo una minuziosa ricerca fatta visitando “palmo a palmo” i due feudi. Ecco quindi che il 30 settembre 1770 l’ingegnere consegna al suo committente questo lavoro. Si tratta di un volume manoscritto legato in pelle, di 290×470 mm, composto da cc. 90 di cui 27 piante acquerellate, che descrive e raffigura i terreni ed i poderi appartenenti al feudo. Sono mancanti le cc. 9–10 relative all’abitato di Montemassi. Nel frontespizio è rappresentato lo stemma della famiglia Cambiaso costituito da uno scudo sormontato da una corona marchionale, nel cui interno sono raffigurati due levrieri controrampanti ai lati di una scala.
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Pianta de Beni di Monte Pescali dello Spedale Grande di Siena
Il cabreo fu realizzato nel 1715 dall’ingegnere senese Ansano Ruini, su commissione dell’Ospedale di Santa Maria della Scala di Siena. Si tratta di un registro cartaceo manoscritto legato in pelle, composto da 28 fogli numerati di cui 13 figure (disegni a penna su carta, acquerellati su pagina doppia), che raffigura e descrive gli immobili e i terreni di pertinenza della Grancia (fattoria) di Montepescali, nel territorio maremmano poco a nord di Grosseto, di proprietà di quell’ente religioso. Nel 1775 venne eseguito un altro cabreo della stessa grancia. In allegato troviamo un registro cartaceo rilegato di 34 carte, contenente annotazioni e descrizioni relative al cabreo, firmato da Enea Silvio Guadagni.
